C’è stato un tempo, diversi anni fa, in cui il nostro paese era sprovvista di un sistema di welfare strutturato e in cui i bisogni delle famiglie e della popolazione non trovavano una risposta istituzionale. Ad esempio nell’Ottocento – quando la povertà era considerata un problema di ordine pubblico – furono gli ordini religiosi i primi a impegnarsi concretamente per cercare di soddisfare i bisogni delle persone svantaggiate. Nel loro ruolo di apripista, numerose congregazioni attive in Italia hanno saputo intervenire nelle situazioni più difficili e delicate. Ma questo contributo, nel corso degli anni, è stato quasi dimenticato.
Guardando al presente, per le congregazioni è urgente chiedersi come poter innovare i propri interventi e come relazionarsi con un sistema di welfare sempre più articolato. Una risposta a questo interrogativo viene da monsignor Giuseppe Benvegnù-Pasini, presidente della Fondazione “E. Zancan” onlus, intervenuto alla conferenza “Il Vangelo nelle opere di carità e nelle attività sociali dei Religiosi in Italia” (Assisi, 12-15 ottobre): “Quando le congregazioni religiose sono nate – ha sottolineato – c’era un contesto di welfare assente e quindi le risposte che venivano date ai bisogni crescenti da parte delle congregazioni erano l’unico tipo di intervento possibile. Ora però non è più così: adesso la pluralità di soggetti che opera nella stessa direzione porta inevitabilmente a una molteplicità di risposte”. Non essendo più gli unici a garantire forme di aiuto, gli ordini religiosi devono interrogarsi sul senso della loro attività attuale e capire qual è la loro specificità nell’intervento. “Le congregazioni devono rinnovarsi e continuare nel loro ruolo di apripista e di ricerca di soluzioni innovative – è la ricetta di monsignor Pasini -, concentrandosi sulle emergenze sociali cui lo Stato ancora non ha dato una risposta”. Per fare davvero la differenza, inoltre, è indispensabile che si orientino verso una formazione permanente, verso una personalizzazione delle risposte e che mantengano l’impegno alla gratuità.
All’orizzonte, però, ci sono anche dei problemi da affrontare: uno su tutti è quello della carenza di religiosi, che impone di chiamare anche i laici per lo svolgimento delle attività di servizio: “Bisogna capire se questa sia un’opportunità per estendere il carisma degli ordini religiosi anche tra i laici o se bisogna fare di necessità virtù, considerando la presenza dei laici come una scelta necessaria. La prima scelta è quella da privilegiare”. In conclusione, guardando al futuro il presidente della Zancan sottolinea che “ora stiamo uscendo da una crisi che ci ha profondamente colpiti. Ma non dobbiamo uscirne così come ci siamo entrati: dobbiamo cercare di creare a una società diversa, puntando innanzitutto sulla promozione dei veri valori”.
Nella tavola rotonda conclusiva della Conferenza il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato, ha lanciato una proposta: “Scrivere la vera storia delle innovazioni di welfare nel nostro Paese e l’apporto che gli ordini religiosi hanno dato nella loro ideazione e realizzazione. Spesso infatti hanno tracciato strade nuove per prendersi cura dei bisogni di tutti, a partire dall’opzione preferenziale degli ultimi, cioè le persone più bisognose. Rendersi consapevoli di questo patrimonio di cultura e civiltà può consentirci anche oggi di cercare soluzioni innovative nei servizi alle persone, a costi sostenibili e con l’apporto di tutte le forze che credono nei valori della solidarietà e della promozione umana”.