Quanto influisce l’apporto dei famigliari e di altri soggetti non professionali nella presa in carico delle persone non autosufficienti? La Fondazione «E. Zancan» si è posta questa domanda da tempo. Nell’estate del 2009, un gruppo di esperti si è chiesto se fosse possibile un «cambio di prospettiva» nell’analisi della presa in carico, che mettesse al centro dell’attenzione non solo – o non tanto – il servizio alla persona, ma soprattutto il suo risultato. Ciò ha portato a interrogarsi sul ruolo e sull’apporto di tutti i soggetti – non solo gli operatori, ma anche la famiglia, la rete di vicinato e la comunità -, verificando la possibilità di quantificare l’apporto di ognuno di essi. Da qui la decisione di avviare una sperimentazione – della durata di 12 mesi – sul territorio nazionale. Oggi, a Padova, ha preso ufficialmente il via il progetto, che coinvolge enti (comuni e Ulss) del territorio di Ferrara, Trieste, Cremona, Sesto Calende (provincia di Varese), coordinati dalla Fondazione «E. Zancan» di Padova.
«Il progetto – spiega Cesare Dosi, docente di Economia all’Università di Padova e membro del cda della Fondazione Zancan – nasce a seguito delle considerazioni emerse in occasione di due seminari dedicati al tema della partecipazione della famiglia alla spesa per i servizi. Alla luce di quanto emerso in quelle sedi, il gruppo di lavoro ha deciso di finalizzare una sperimentazione mirata all’identificazione delle variabili costituite dalle risorse non professionali, ai fini del concorso al risultato di costo/efficacia. La variabile ‘risorse non professionali’ è intesa come fattore di sussidiarietà e si integra con l’offerta pubblica in termini di scelta e di valore aggiunto». È espressione di una funzione pubblica, di interesse collettivo, socialmente rilevante, misurabile come controvalore, per una migliore riuscita dei progetti di intervento, con impatto diretto sulle risorse finanziarie, le soluzioni organizzative e le prestazioni tecnico-professionali messe in atto dai servizi.
Nella pratica, la sperimentazione si avvarrà della metodologia Sp e di un softwatre apposito, già elaborato dalla Fondazione Zancan, che consente un’analisi dei bisogni, l’osservazione dei cambiamenti nel tempo da parte della persona, la valutazione di efficacia e la quantificazione del contributo della famiglia ai cambiamenti ottenuti. Inoltre, il metodo e il programma rendono possibile rilevazioni periodiche, per definire la funzione di produzione.
A convincere della necessità di questo studio il gruppo di lavoro è l’attuale stato dei servizi sociosanitari italiano: “Oggi emergono delle differenze ingenti, a livello nazionale ma anche locale, per quanto riguarda la partecipazione dei cittadini alla spesa per i servizi – spiega Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione «E. Zancan» -. Per questo vogliamo capire meglio i differenziali territoriali, per superarli. Nel fare questo è chiaro che non possiamo non prendere in esame l’apporto della famiglia e degli altri soggetti vicini alla persona non autosufficiente».
«Spostando l’enfasi sul risultato – conclude Dosi – anche lo stesso concetto di contribuzione varia, perché diventa chiaro che un individuo può contribuire al raggiungimento del risultato erogando egli stesso servizi. Ciò da un lato rende la sperequazione nella spesa per i servizi ancora più ampia, dall’altro può portare all’individuazione di criteri di ripartizione più equi, che tengano conto del contributo della famiglia».